Il Telegrafo del 16 ottobre 1935
Ad oltre 2000 m tra la primavera eterna dell'altopiano eritreo (I parte)

Pubblichiamo una seggestiva lettera inviataci dall'Africa Orientale dalla Camicia nera Dino Corsi, nostro apprezzato collaboratore, lettera nella quale si ha una visione netta della serenità con cui le truppe italiane si accingevano alla conquista di Adua, avvenuta qualche giorno dopo l'invio della lettera stessa. Ecco la prima parte della corrispondenza:


( I )


Eritrea, settembre
Da Ghinda, meta della nostra prima tappa africana, la marcia proseguì celermente verso le regioni dell'altopiano, che oggi ospitano le legioni della "23 Marzo".
Marcia lunga attraverso zone ricche di vegetazione, di acque e di infinire varietà di selvaggina. L'Eritrea, da taluni definita il paese dell'eterna primavera, talvolta...marzolina (cioè pazzarella), potrebbe ben dirsi anche il paradiso dei cacciatori, tanta è l'abbondanza dei volatili, delle lepri e delle gazzelleche popolano le verdeggianti e sassose ambe ed i piani sterminati, coltivati a grano, granoturco, orzo, biada, ecc.
Di questa abbondanza, che potrebbe soddisfare pienamente il più esigente degli appasionati allo sport venatorio, ne hanno tratto vantaggio un buon numero di militi, molti dei quali cacciatori di primo pelo, che con il modesto ausilio di una più che modesta fionda - il classico "schizzetto" della nostra infanzia - hanno riportato...a casa, dopo poche ore di caccia, carnieri così abbondanti, come ben raramente se ne vedono a Siena la sera del 15 agosto.
E le gavette, le umili gavette, hanno avuto l'alto onore di contenere, sia pure saltuariamente, le prelibate carni dei colombi, delle tortore, delle faraone, dei merli e di una infinità di volatili "di becco fino". E non sono neppur mancate le classiche "pappardelle".
Ho detto dell'abbondanza delle lepri, ma debito dire ancora con quanta facilità queste bestiole si fanno prendere. Che a non essere molestate da nessuno e per nessun motivo, ben raramente fuggono alla vista dell'uomo, rendendo così facile la loro cattura...e conseguente cottura.
Forse, da oggi, da domani, anche le lepri si adatteranno alle circostanze e diventeranno prudenti, caute, e ciò che più conta, celeri come lo sono le loro sorelle italiane.
Frattanto questi saporosi animali, unitamente agli uccelli di varie specie, hanno assolto brillantemente il loro compito che era, e a nostro giudizio, è e sarà, quello di procurare, con la cattura, un diversivo alla vita ordinaria della truppa e, con la cottura, un ancor più gradito diversivo al rancio di tutti i giorni.
Ho parlato degli animali commestibili, perchè, con mio grande rammarico, ben poco posso dire delle tanto decantate fiere, delle quali, almeno secondo le descrizioni dei soliti africanisti da ceffè, queste zone dovrebbero pullulare.
Dopo la forte delusione provata all'oasi di Massaua, delusione che fu il compendio di una ardita spedizione contro...un venditore di bibite fresche, avevo sperato di rifarmi durante la nottata di riposo trascorsa a Ghinda. Em mentre nell'accampamento tutti dormivano ed eassaporavano un meritato riposo, il sottoscritto, insieme ai compagni reduci della spedizione nell'oasi, se ne stette in attesa delle iene e degli sciacalli, che manco avevano intuito il nostro vivo desiderio di fare la loro personale conoscenza, preferirono, per quella notte, il calduccio delle loro tane alla leggera brezza notturna. Cosicchè fu giocoforza rimettere ad altra occasione la tanto sospirata presa di contatto con i carnivori notturni.
Ma l'occasione di trovarsi a tu per tu con le iene e gli sciacalli non doveva tardare a presentarsi, giacchè con il volgere dei giorni e con il proseguimento della marcia verso regioni sempre più sevaggie, più di una volta siamo stati deliziati dai concerti notturni di branchi di felini; tantochè oggi, pienamente soddisfatti, desideriamo che i non troppo simpatici animali girino al largo dei nostri accampamenti e non disturbino, con i loro ululati interminabili, i sonni di questa gioventù, che dopo un mese di vita africana ad emozioni ben più forti di quelle che possono procurare l'incontro con le iene e gli sciacalli, animali innocui quanto rumorosi, sì da esser da noi chiamati gli arditi del popolo.

Sosta a Gurà e visita al villaggio indigeno

Le marce attraverso la nostra Colonia primogenita si sono svolte lungo le strade aperte al più intenso dei traffici dal lavoro degli oeprai italiani, pionieri di civiltà, di progresso, ed assertori di italianità. Chilometri e chilometri sono stati percorsi dalle colonne dei militi, marcianti in formazione di guerra e nell'ordine più perfetto.
La fatica, che talvolta si faceva sentire nelle più forti Camicie nere, curve sotto il peso dello zaino, era subito vinta. "Zaino a terra", dieci minuti di riposo, un sorso d'acqua, una sigaretta e l'antidoto meraviglioso di un canto sgorgante spontaneo da centinaia di petti, cancellavano ogni segno di stanchezza e davano a tutti la forza per proseguire verso il posto di tappa, ove attendevano, già schierate in maniera impeccabile, le fumanti marmitte del rancio, i bidoni del vino e le casse dei viveri di conforto e dei tabacchi.
Appena messo a posto lo stomaco, sotto con tutta lena alla costruzione della tenda. Tempo dieci minuti e già le piccole casette di tela impermeabile avevano cambiato aspetto ai luoghi, facendo sorgere villaggi sterminati ove poco prima erano solo roccie, alberi e prati erbosi.
Una giornata, talvolta due, di riposo, e poi, olte le tende con la stessa celerità con la quale erano state piantate, la marcia proseguiva, senza che nessuno desse segno di rimpianto per la comodità, seppur relativa, lasciata ai posti di tappa.
Quello del rimpianto è un sentiento che le Camicie nere non conoscono, perchè non si può mai rimpiangere ciò che si lascia dietro di noi, quando la meta da raggiungere è davanti a chi marcia. E con lo stesso spirito di ieri, di oggi e di sempre, la marcia delle Legioni proseguirà fino al raggiungimento della meta gloriosa, che il Duce ha segnata.
A Gurà, dove siamo fermi tuttora, la Divisione si ricompose e così tutti i senesi si trovarono ancora una volta riuniti. Riuniti materialmente, giacchè moralmente e spiritualmente non si erano mai divisi.
L'armonia e il buon accordo che regnano fra noi sono quanto di più perfetto si possa designare. I senesi formano una famiglia, o per esser più precisi tante famiglie dello stesso forte e rigoglioso ceppo.
L'allegria domina sempre sia durante le esercitazioni che durante i "festini", che quasi giornalmente vengono imbanditi in questo o quell'accampamento. Festini che richiamano sempre un buon numero di camerati intorno alle mense improvvisate all'ombra delle piante tropicali.
L'armonia ed il buon accordo sono talvolta turbati dalle discussioni e dagli inevitabili contrasti, che su determinati argomenti sorgono tra ocaioli e torraioli, tra tartuchini e chiocciolini, tra nicchiaioli e brucaioli, tra colligiani e poggibonsesi, tra quelli di Buonconvento e quelli di Montalcino e tra un sangimignanese, dalla parola poco sciolta causa la balbuzie, ma dallo spirito tanto pronto e mordace, e tutta una schiera di bravi ragazzi di Casole e Mensano, uniti, questi ultimi, contro il figlio della città delle belle torri, che da solo, e malgrado la balbuzie, da' sempre filo da torcere agi avversari quando si tratta di vantare o difendere la sua S.Gimignano.
Ma contrasti e discussioni si mantengono sempre nel campo della più schietta amicizia e terminano inevitabilmente in una bevuta collettiva e in una delle solite cantate, tanto care a tutti i senesi, che con il canto si sentono riavvicinati alla Patria e alla casa, lontane quanto possono esserlo, ma sempre vicine ai nostri cuori.

Dino Corsi