Il biennio 1929-1930 rappresentò un ulteriore tappa del percorso verso la definitiva affermazione della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale come forza di pubblica sicurezza in grado di garantire il presidio del territorio secondo gli intendimenti del regime, come dimostrato in occasione del plebiscito del marzo 1929, ed elemento di efficace penetrazione fin nei centri più periferici che ospitavano i corsi premilitari. Questo processo di carattere generale trovò conferma anche nel territorio della provincia di Siena. Il nuovo comandante Ciani intese da subito dare un segnale di rinnovato impegno in tutti i settori di competenza del proprio comando, dall'addestramento e dalle esercitazioni per i propri reparti, al potenziamento della strut-tura dei corsi premilitari, all'attività sportiva per le strutture giovanili e per i propri gregari.
Sotto l'impulso fornito dal Gruppo Universitario Fascista la partecipazione alle discipline sportive registrò infatti un deciso incremento. I campionati di atletica leggera della legione, organizzati dagli studenti dell'Ateneo nel maggio 1930 presso l'impianto militare di Piazza d'Armi, videro una partecipazione massiccia di militi ed avanguardisti: tra gli atleti che riportarono lusinghieri risultati Barbieri della centuria di Sinalunga nel lancio del giovellotto, Baiocchi della centuria di Abbadia S.Salvatore nei cento metri, Bongini, della centuria di Siena nei 5 chilometri di marcia, Torrini della centuria universitaria nel salto in lungo.
L'attività sportiva inoltre non era più ad esclusivo appannaggio della città di Siena; anche nel territorio della provincia le prime iniziative avevano avuto il loro inizio, come il raduno ginnico organizzato dalla polisportiva di Sinalunga nel giugno 1929, con il successo degli avanguardisti di Montepulciano Ferri, Avignonesi, Riccarelli e Turchi.
Parallelamente alle attività ricreative, la preparazione premilitare accrebbe la propria capacità di coinvolgimento della popolazione, sia in termini di numero di partecipanti ai corsi, sia in termini di località ospitanti i corsi di addestramento, generando in tale modo un perfezionamento della penetrazione capillare persino nei centri più periferici (1).
Come gli stessi organi del regime orgogliosamente evidenziavano, la crescita dei partecipanti e delle località sede di corso era stata esponenziale: se nel primo anno di istruzione 1925-26, come abbiamo visto, furono svolti corsi in 6 località con 259 iscritti, 201 presenti agli esami, 201 promossi, per il biennio 1928-29 l'istruzio-ne premilitare ricevette un impulso quasi frenetico, con 44 località sede di corso, 1620 iscritti, 1484 esaminati e ben 1425 dichiarati idonei. Sull'onda emotiva del clima di consenso e di adesione al regime fascista che si stava affermando, le posizioni più critiche, che pur erano state presenti all'interno della stessa Milizia nel biennio precedente, si attenuarono, fino alla loro scomparsa dal dibattito e dal confronto.
Costantemente sospesa tra la velleità di mobilitazione e l'incompletezza di un processo di affermazione come forza armata autonoma, anche negli anni seguenti il regime non si sarebbe spinto oltre il mero proponimento di perseguire l'ambizioso progetto, incapace o non completamente convinto della necessità di dotare i reparti della Milizia di un adeguato grado di addestramento e dell'equipaggiamento necessario a coniugare la motivazione ideologica e l'arditismo con l'efficacia di ingaggio in battaglia. I reparti rimasero avvolti da una artificiosa proiezione di arditismo e disciplina ideologica, caratteri ritenuti in grado di superare ogni eventuale deficienza materiale o addestrativa; di contro la qualità e la preparazione degli ufficiali non venne mai potenziata per permettere una effettiva parificazione con quella dell'esercito. Scomparse, almeno sul piano del pubblico confronto, le critiche verso la questione dei rapporti con le forze armate e consolidata l'immagine monolitica della Milizia, l'attenzione del regime si concentrò sul perseguimento di una campagna di fascistizzazione dell'esercito.
Accettata la tesi secondo la quale la Milizia aveva raggiunto la pari dignità con le forze armate, l'esercito non venne più visto come il modello che doveva essere raggiunto; al contrario, esso divenne oggetto degli sforzi di connotarlo politicamente ed ideologicamente, rappresentando, in questo ribaltamento di prospettive, il soggetto da plasmare per avvicinarlo al prototipo incarnato dalla stessa Milizia.
Nel febbraio 1929, le colonne de Il Popolo senese riproponevano la prospettiva di un impiego in linea a fianco delle grandi unità divisionali e rilanciavano la parola d'ordine della nuova strategia: diradate tutte le varie discussioni sulla politica dell'esercito, il fascismo aveva istituito come anello di stretta congiunzione materiale e spirituale tra Esercito e Nazione, la Milizia volontaria, in grado di svolgere la duplice funzione di presidio politico e militare della Patria (2). Le conseguenze di tale errata valutazione compiuta nel perseguire questa scelta strategica sarebbero drammaticamente emerse nel corso della seconda guerra mondiale.
Significativo in questo senso fu lo sforzo profuso direttamente dalla Federazione provinciale fascista per dotare la legione di un adeguato armamento per i propri reparti; nel corso dell'estate 1929 il partito e le sue organizzazioni promossero una campagna di sottoscrizione tra istituzioni, enti e semplici cittadini, il cui ricavato permise l'acquisto di 18 mitragliatrici Breda per l'addestramento della centuria mitraglieri. La prima Breda venne acquistata direttamente dalla federazione provinciale, come dono offerto ai reparti; se l'iniziativa, ampiamente celebrata dalla stampa, rinnovò indubbiamente la coesione tra il partito e la Milizia e dette prova di una rilevante capacità di mobilitazione, confermava allo stesso tempo la contraddizione tra le irrisolte criticità strutturali e la valenza iconografica che il regime intendeva attribuire ai reparti di camicie nere.
Proprio la consegna delle nuove mitragliatrici ai reparti, a conclusione della visita a Siena del Capo di Stato Maggiore della M.V.S.N. Attilio Teruzzi del settembre 1929, rappresentò invece un'ulteriore occasione per riproporre e confermare l'esteriorità granitica della Milizia; la mobilitazione della legione e la sua rivista da parte delle autorità militari in Piazza del Campo ripetevano lo sperimentato schema di celebrazione e di affermazione della coesione e della compattezza delle camicie nere e nel corso dell'intervento del segretario provinciale della Federazione non manca-rono i richiami alla continuità ideale con la guerra e la conquista del potere.
Il clima della manifestazione, inserita a conclusione della Settimana senese, fu ad ogni buon conto improntato sull'immagine di mobilitazione, disciplina e coesione di uomini e ideali che il partito aveva inteso celebrare; di fronte al Capo di Stato Maggiore della Milizia venne inaugurata la stazione telegrafica ad onde medie in dotazione alla legione, per mezzo della quale venne lanciato un simbolico messaggio al Duce (3).
Nel corso del 1929 la struttura della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale avrebbe subito la prima radicale trasformazione, con la quale veniva abbandonata la suddivisione in zone ed introdotti i Gruppi Legioni. Le legioni appartenenti alla VIII Zona Toscana vennero suddivise in due gruppi, il XIX Gruppo legioni, con sede a Firenze, che comprendeva oltre alla 97.a Senese, la 92.a France-sco Ferrucci e la 95.a Marzocco di Firenze, la 94.a Fedele di Pistoia e la 96.a Petrarca di Arezzo, ed il XX Gruppo, con sede a Livorno, che incorporò anche la 35.a Indomita di La Spezia, con una coorte autonoma dell'isola d'Elba. La 93.a Legione Giglio Rosso di Empoli venne sciolta e le sue coorti distribuite tra la Francesco Ferrucci e la Marzocco(4).
Il nuovo impianto organizzativo, illustrato dal Console Guido Guidotti nel suo discorso di saluto alle legioni in occasione della cerimonia di scioglimento della VIII Zona Toscana il 1 settembre 1929 (5), sarebbe rimasto in vigore fino al 1935; lo stesso Console Guidotti assumeva il comando del XX Gruppo legioni, mentre il console Francesco Baldi, in precedenza alla guida della 95.a Ferrucci, assumeva quello del XIX Gruppo. Pur ancora prive di una reale concretizzazione, le rinnovate aspettative di inserimento dei battaglioni di camicie nere entro le unità divisionali dell'esercito ebbero come immediata conseguenza l'incremento dell'attività di addestramento: a pochi giorni di distanza dalla visita di Teruzzi a Siena e della riforma della struttura organizzativa della Milizia, il comando di legione dette nuovo impulso alla riorganizzazione dei reparti.
Affidata al comando del capo manipolo Francesco Costa il manipolo di Sovicille riprendeva le sedute di addestramento, mentre già il 12 settembre la V centuria di Colle di Val d'Elsa, dopo un periodo di completa inattività , veniva radicalmente riorganizzata sotto la guida del centurione Ugo Bertini e del capo manipolo Gino Ferdinando Lepri. Anche l'anno successivo segnò un rinnovato impegno addestrativo per i vari reparti della legione dislocati nel territorio provinciale: la Coorte speciale, al comando del Seniore Aldo Sampoli, effettuava nel maggio 1930 una esercitazione tattica nei pressi di Isola d'Arbia con la propria Prima centuria e i reparti mobilitati dei manipoli di Buonconvento, Monteroni, Asciano, Murlo, Taverne e Isola d'Arbia, con lezioni teoriche e pratiche sull'uso delle nuove mitragliatrici Breda, e nel successivo mese di settembre esordiva nelle manovre combinate con reparti dell'esercito ed unità del III Raggruppamento CC.NN. nell'area di Monterotondo e Mentana.
Contestualmente alla riforma della suddivisione territoriale della M.V.S.N., la stessa struttura organizzativa dei reparti, che sia a livello periferico che a quello centrale stava evidenziando un so-vradimensionamento degli effettivi a totale discapito dell'efficienza, venne radicalmente modificata; in un suo articolo di Alberto Chiurco, ufficiale della 97.a legione e segretario federale dal dicembre 1929 al gennaio 1930, evidenziava i provvedimenti del Gran Consiglio in merito alla riforma organica della Milizia, quali l'abolizione dei ruoli fuori quadro con la contestuale istituzione del ruolo di riserva, ed il perseguimento del progetto di alleggerire la struttura burocratica che gravava sull'intera istituzione e costituire un'entità più agile ed efficiente (6).
Un ulteriore aspetto caratterizzò il 1930, all'interno del processo di omologazione dell'intera vita nazionale; dopo l'esperienza di Alberto Chiurco, ufficiale medico della Legione e federale provinciale, venne perseguita una profonda continuità organica e strutturale tra la M.V.S.N. e le organizzazioni politiche e associative senesi.
Nel giugno 1930 infatti il seniore della Milizia Giuseppe Toffano, Prefetto della Provincia, assumeva il comando della IV coorte con sede a Montepulciano, ed il 29 dello stesso mese Aldo Sampoli, ufficiale della 97.a Legione Senese e comandante della Coorte speciale, veniva nominato federale provinciale. Ancora in agosto il Console Gino Tozzi, ufficiale fuori quadro della legione, era scelto per la presidenza della S.S. Robur, e poche settimane dopo con decreto reale del 15 agosto il Seniore Raffaello Giannetti veniva nominato podestà di Poggibonsi.
Al fianco dell'attività di esercitazione dei reparti, la Milizia intensificò l'impegno profuso nell'addestramento premilitare dei giovani inquadrati all'interno delle strutture del regime; in un percorso di continua evoluzione e ristrutturazione, il 1930 introdusse una modifica sostanziale nel sistema di inquadramento della gioventù adottato fino ad allora, con la costituzione dei Fasci Giovanili di Combattimento.
Il percorso formativo, affidato all'opera della Opera Nazionale Balilla e successivamente alla Avanguardia, si rivelò non più rispondente alle esigenze della crescente mobilitazione: il diretto passaggio dagli avanguardisti alla Milizia ed al Partito escludeva di fatto coloro che non avevano fatto parte delle Avanguardie Giovanili e portava il giovane di diciotto anni, in piena responsabilità politica e a parità di condizione con gli anziani, entro la struttura del partito. L'8 ottobre 1930 il Gran Consiglio deliberò l'istituzione dei fasci Giovanili di Combattimento, destinati a rappresentare l'ultima parte del ciclo formativo delle giovani leve. Per la Milizia la modifica delle organizzazioni giovanili rappresentò l'opportunità di ampliare ulteriormente la propria attività, con l'attribuzione del compito di completare l'addestramento politico e militare dei ragazzi da 17 a 21 anni; il 17 ottobre successivo veniva impartito l'ordine di inquadramento dal comandante provinciale capo manipolo Giuseppe Stefanacci, con la costituzione dei primi nuclei a Costalpino, Due Ponti, Valli, Stellino, Marciano, Bagni S.Filippo, Radicofani ed Ulignano, seguiti nei mesi successivi da altri quaranta località della provincia.
Con la V Leva Fascista del 1931 nella quale 1955 giovani della provincia senese, ripartiti in 105 squadre, vennero ammessi ai 50 nuclei distribuiti sul territorio, la nuova struttura giovanile completava il suo ordinamento, alle dirette dipendenze della Segreteria Nazionale del Partito, e sotto la guida degli ufficiali della M.V.S.N., con compiti di addestramento premilitare degli iscritti ai corsi. La capillare struttura tra gli ufficiali della 97.a Legione stava dimostrando la propria efficacia: affiancato dai centurioni Lelio Gorelli, Alfredo Nastasi, Pietro Dell’Artino, Sisto Braconi e dai capo manipolo Gino Mugnaini, Sante Viti, Nazzareno Palmerini e Gualtiero Bindi, il centurione Galliano Bruschelli riuscì a completare una capillare struttura di addestramento, formazione ed istruzione su tutto il territorio provinciale.
Il 23 agosto 1931, al comando del capo manipolo Stefanacci, veniva eseguita a Montepulciano la prima mobilitazione delle formazioni celeri dei FF.GG.CC. con 1189 giovani mobilitati e completamente equipaggiati , esperimento ripetuto il 15 settembre successivo con la mobilitazione di 592 Giovani Fascisti del Comune di Siena.
Un momento di grande rilievo per il rafforzamento della Milizia fu il 1932, anno nel quale si completò un nuovo passaggio nella ricerca dell'affermazione e legittimazione del proprio ruolo. Già in occasione delle celebrazioni del IX annuale della sua fondazione che ebbero luogo in un'atmosfera di intensa partecipazione della popolazione, gli interventi degli oratori presso il Teatro della Lizza assiepato di partecipanti, si svolsero perseguendo un costante richiamo allo spirito dell'eroismo militare ed alla coscienza bellica italiana. Il processo intrapreso dalla Milizia sembrava essersi completato, con la consacrazione del proprio ruolo militare e di quello istituzionale; in un articolo del gennaio 1932 pubblicato su Rivoluzione Fascista, il capo manipolo Zambelli, ripercorreva infatti le tappe del percorso compiuto dalla Milizia e del ruolo che il regime aveva ad essa assegnato, rinnovando la rivendicazione alla continuità ideale con i principi originari del Fascismo e la piena collaborazione con le forze armate dello Stato (7).
A partire dalla primavera successiva il comando di legione pianificò un dettagliato programma di visite ed ispezioni ai reparti, esercitazioni tattiche e di addestramento nell'intero territorio della provincia, coinvolgendo anche i comandi più periferici; nel solo mese di giugno il comandante Ciani ebbe occasione di visitare i reparti di Staggia, Castelnuovo Berardenga e Vagliagli, radunati per istruzioni ed esercitazioni, e i manipoli di Taverne d'Arbia, Monteroni, Murlo, Buonconvento, Casciano, a luglio due furono le ispezioni presso la 14.a centuria a Rapolano e presso i manipoli di Asciano, Serre, Rapolano e alla squadra distaccata di Chiusure, sempre in occasione di esercizi di istruzione militare. Nell'agosto 1932 furono i reparti della IV coorte ad ospitare le visite del comandante, il 6 a Montepulciano presso la 10.a centuria ed il 20 a Montalcino, presso la 16.a centuria, con il raduno dei manipoli di Montalcino, S. Angelo in Colle, Torrenieri e la squadra distaccata di Camigliano.
Il 2 ottobre 1932, a suggellare la propria definitiva affermazione di monolitica istituzione del regime, di riconosciuta forza armata dello Stato e di soggetto con piena dignità militare, politica ed ideologica, la 97.a legione riceveva il labaro dalle mani del Console generale Ivan Doro, comandante il XIX Gruppo Legioni, nel corso di una solenne cerimonia in Piazza del Duomo. Impartita la benedizione da parte del centurione della Milizia padre Sbaragli, il labaro, donato dal Comitato delle Dame Senesi, venne consegnato nelle mani del comandante della legione, che arringò i reparti schierati della coorte speciale, il cui comandante effettivo era lo stesso segretario provinciale del partito Sampoli (8).
L'evoluzione della mobilitazione aveva trovato nuovo impulso con l'obbligo generale al servizio militare stabilito dal R. Decreto n. 1332 dell' 8 settembre 1932, che regolamentava il nuovo sistema di reclutamento delle forze armate. Tutti i cittadini del Regno venivano sottoposti all'obbligo di servizio di leva dal 21° al 55° anno di età, ed erano introdotte ferme multiple da 6 a 18 mesi; veniva inoltre confermato l'affidamento alla M.V.S.N. del compito dello svolgimento dei corsi di istruzione premilitare e della temporanea surroga a favore dell'Opera nazionale Balilla, per mezzo della organizzazione degli avanguardisti, in quelle località dove la Milizia non fosse stata ancora in grado di istituire con propri organi i corsi premilitari (9).
In attesa del completamento del percorso di attuazione della prospettiva di un utilizzo bellico dei propri reparti, che non avrebbe tardato a realizzarsi, la Milizia otteneva la definitiva consacrazione della propria specifica identità e del proprio ruolo non più marginale o subordinato alle altre forze armate; non erano mancate occasioni di impiego di reparti per i consueti servizi di ordine pubblico, come in occasione della visita a Siena del segretario nazionale del partito Starace nel giugno 1933 o del plebiscito del 15 marzo 1934, ma si era trattato di attività disimpegnate con successo e senza particolari difficoltà. Alla vigilia dell'impiego su larga scala dei propri reparti in operazioni belliche non più limitate ad operazioni di contrasto della guerriglia, le coorti-battaglioni operativi di camicie nere potevano apportare un rinnovato entusiasmo e una determinazione, che avrebbe trovato conferma nella imminente campagna in Africa Orientale, la motivazione e lo spirito che animavano i propri appartenenti; di contro permanevano le croniche criticità determinate da un addestramento necessariamente parziale e non continuativo dei vari reparti, di un equipaggiamento non paritetico con quello delle altre forze armate, e di una qualità tra le fila degli ufficiali non ancora all'altezza dei compiti cui sarebbero stati attesi.
Alla carenza più evidente, quella di un ciclo di addestramento frammentario e non ancora paragonabile a quello dell'esercito, determinato principalmente dall'arruolamento volontario dei reparti e dalla necessità di operare secondo le disponibilità dei singoli, il comando di legione intese porre rimedio con l'unico efficace strumento in proprio possesso, disponendo cioè l'intensificarsi delle esercitazioni e di ogni opportunità di addestramento e senza risparmiare l'impegno diretto degli ufficiali in comando. I primi mesi del 1933 videro infatti l'organizzazione con cadenza settimanale di una serie di conferenze su argomenti tattici e strategici, destinate a tutti gli appartenenti alla M.V.S.N., promosse dal comando di legione in varie località della Provincia: il 12 febbraio, presso la sede del comando a Siena, la conferenza tenuta personalmente dal console Ciani su "L'addestramento dei reparti minori", il successivo giorno 19, presso il comando della IV coorte a Montepulciano con il Seniore Calogero Spatazza su "Il battaglione CC.NN." e su "L'azione dell'artiglieria in guerra", il 26 presso i locali dell'Amministrazione Provinciale a Siena, con il capo manipolo Nazzareno Palmerini sulla "Cooperazione tra artiglieria e fanteria" e del capo manipolo Bernardino Angeli sulla "Guerra chimica".
Nel mese di marzo, con le conferenze del giorno 5 tenute ancora nei locali dell'Amministrazione Provinciale del capo manipolo Ettore Salmaria sul tema della "Milizia volontaria e i compiti di polizia giudiziaria" e del capo manipolo Antonio Guidoni su "Ammi-nistrazione e contabilità dei reparti", ed infine con quelle del giorno 12 presso i locali del comando della 15.a centuria a Sinalunga, con il centurione Galliano Bruschelli su "L'istruzione premilitare" e del comandante della Legione Ferdinando Ciani su "Nozioni sul tiro dell'artiglieria".
Appare evidente che tale impegno profuso da parte del comando e dagli ufficiali della legione rappresentava lo sforzo più immediato e diretto a colmare l'impreparazione che si evidenziava all'interno dei quadri della Milizia. E' sufficiente infatti rilevare che solo nel 1938 i primi tre ufficiali provenienti dalla M.V.S.N. vennero ammessi a frequentare il 68° Corso dell’Istituto Superiore di Guerra dell'esercito, seguiti da altri tre ammessi alla frequenza del 69° corso; congedati nel 1941 e nel 1942, a guerra ampiamente iniziata, essi rappresentarono, per la eccezionalità dell'evento, il paradigma dell'incompleto progetto di compenetrazione tra forze armate e Milizia, vigorosamente prospettato dalla propaganda ed allo stesso tempo contradditoriamente perseguito. Ciò che avrebbe dovuto rappresentare uno dei punti discriminanti della strategia di collaborazione tra esercito e M.S.V.N. divenne un esperimento tardivo e di scarsa efficacia pratica.
Il regime intese invece perseguire nell'inerzia prodotta della stessa immagine della Milizia che esso stava prospettando alla Nazione, rinnovandone anche negli anni seguenti l'esteriore monolitica proiezione capace di celare le criticità della struttura; nel gennaio 1933, con le norme contenute nel Regio decreto n. 8, venne istituita la Croce di anzianità della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, destinata agli appartenenti in servizio effettivo da un periodo superiore ai dieci anni. Tra le fila della 97.a Legione quindici furono gli ufficiali, venticinque i sottufficiali e dodici i graduati e militi cui venne riconosciuta la decorazione (10).
L'addestramento e la preparazione dei reparti continuarono ad essere affidati alla necessità di coniugare la solerzia dei singoli comandi con l'esigua disponibilità del tempo a disposizione da parte dei militi, l'adeguamento dei quadri continuò a rappresentare un aspetto irrisolto dell'organizzazione e la coesistenza con le forze armate rimase una semplice espressione di volontà politica e di propaganda, espressa con maggior vigore con il progressivo avanzamento della militarizzazione della nazione. La stessa coorte speciale, che avrebbe dovuto rappresentare la massima espressione di efficienza bellica della legione, continuò a vedere al suo comando il seniore Sampoli, il quale, come segretario federale del Partito, si trovò nella necessità di dover coniugare gli impegni politici con quelli più spiccatamente militari.
L'intero secondo semestre del 1933 registrò una decisa accelerazione del processo di istruzione nei confronti dei premilitari e degli appartenenti alla organizzazioni giovanili in genere: il comando di Legione organizzò corsi di addestramento, gare di tiro nei vari centri della Provincia e adunate dei premilitari che si susseguirono per tutto l'autunno. Per il biennio 1933-1934 vennero istituiti gli ultimi due corsi premilitari praticati in seno alle organizzazioni giovanili in base al vecchio ordinamento, ai quali presero parte oltre 1.500 avanguardisti e giovani fascisti della provincia delle classi di leva 1915, 1914 e 1913 che non avessero frequentato i corsi precedenti, e che vennero seguiti dalla istituzione per l'autunno-inverno 1934-1935 dai primi due corsi stabiliti in base alla nuova disciplina dell'istruzione pre e post militare.
Il percorso di mobilitazione e di addestramento militare della gioventù voluto dal regime sarebbe infatti stato completato con le radicali novità introdotte dall'articolato impianto normativo previsto dalla Legge n. 2150 del 31 dicembre 1934 sull'istruzione premilita-re, dalla Legge n. 2151 del 31 dicembre 1934 sull'istruzione post-militare e dal Decreto n. 2152 del 31 dicembre 1934 sull'Educazione nazionale. Con la nuova disciplina dell'istruzione premilitare, basata sul principio secondo il quale i concetti di cittadino e quello di soldato fossero inscindibili, l'addestramento militare veniva dichiarato "parte integrante dell'educazione nazionale, ha inizio appena il fanciullo è in grado di apprendere, continua fino a quando il cittadino è in condizioni di impugnare le armi per la difesa della Patria".
All'interno del ciclo di addestramento previsto dalla Legge 2150/1934 venivano stabilite tre fasi distinte, dalla iniziale preparazione spirituale, fisica e tecnica del cittadino che si apprestava all'incorporazione nelle forze armate, per passare poi all'istruzione militare vera e propria, con il compito di completarne l'addestra-mento, fino alla fase conclusiva dell'istruzione post-militare, cui era affidato il compito di mantenere il militare in congedo ad un livello addestrativo aggiornato ed adeguato (11).
La scansione temporale del percorso formativo di un giovane era rigidamente regolamentata e prevedeva che dall'ottavo anno di età fino al compimento del quattordicesimo venisse favorito negli adolescenti lo sviluppo di una cultura e di uno spirito militare, che doveva evolversi negli anni seguenti in vera e propria preparazione militare e sportiva, mediante l'inquadramento nelle formazioni premilitari della Milizia fino al compimento del diciottesimo anno di età; a decorrere da questo e fino al momento della chiamata alle armi, sarebbe stato perseguito il perfezionamento dell'addestra-mento spirituale, militare e sportivo, allo scopo di formare un soldato fisicamente e tecnicamente preparato alle esigenze belliche. Il ruolo della M.V.S.N. diveniva in tal modo fondamentale, vero cardine dell'intero percorso della formazione militare, attraverso i propri istruttori che operavano direttamente all'interno delle orga-nizzazioni giovanili e al momento del successivo inquadramento dei giovani nei reparti premilitari.
Analogo ruolo di primaria importanza venne ad essa riservata dalla normativa contenuta nella Legge n. 2151/1934, in relazione al completamento dell'istruzione militare, obbligatorio per sottufficiali, graduati e militari di truppa in congedo e fino al compimento del trantaduesimo anno di età; stabilita come attività "di carattere principalmente pratico, articolato con richiami per l'aggiornamento tattico o per rinforzare le unità delle Forze armate partecipanti a speciali esercitazioni", veniva affidata alla guida ed alla organizzazione della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (12).
Nella seconda metà del 1933 erano destinati a lasciare Siena due personaggi di spicco della Legione che ne avevano caratterizzato l'attività e promosso il consenso e la crescita: a settembre il centurione Galliano Bruschelli, figura di spicco dell'attività premilitare, veniva promosso Seniore ed assumeva il comando della coorte autonoma dell'isola di Ponza, mentre nel successivo ottobre Alberto Chiurco, già esponente di primo piano nel Gruppo Universitario Fascista prima e nella stessa 97.a Legione poi, veniva promosso ufficiale medico a disposizione del Comando Generale della M.V.S.N.
Il 27 maggio 1934 la V Coorte, guidata dello stesso comandante di legione Console Ciani, effettuava un'esercitazione tattica nei pressi di Trequanda cui presero parte anche la centuria di rincalzo e reparti dei Fasci Giovanili di Sinalunga, Rapolano, Trequanda e Montisi; il successivo 9 giugno, alla presenza del comandante del XIX Gruppo Legioni, un'altra esercitazione ebbe luogo in Val di Merse, lungo la strada consolare Cassia, cui presero parte il battaglione camicie nere, comandato direttamente dal seniore Sampoli, segretario federale, contrapposto alla centuria di formazione ed a reparti dei Fasci giovanili di Siena, Monteriggioni e Badesse.
Il clima di militarizzazione che il regime stava imponendo trovò la propria consacrazione nella vasta eco riservata alle manovre militari, seguite personalmente da Mussolini e dal re, che ebbero luogo nell'agosto del 1934 sull'appennino tosco-emiliano, ed alle quali parteciparono, come di consuetudine, reparti di camicie nere: nel discorso conclusivo tenuto dal Duce al termine delle esercitazioni, vennero anticipate le linee che avrebbero guidato il percorso di militarizzazione integrale della popolazione italiana, cui la propaganda avrebbe concesso la massima visibilità per perseguire la realizzazione di una nazione divenuta virtualmente esercito. Con l'attuazione della riforma della istruzione pre e post militare, il regime annunciava l'avvenuta creazione del cittadino-soldato, di quella figura cioè che avrebbe dovuto costituire nell'immaginario fascista la base ideologica e strutturale sulla quale fondare il modello di militarizzazione della nazione; una visione che vedeva nel legionario della Milizia il prototipo dell' uomo nuovo fascista e del cittadino-milite (13).
La M.V.S.N. vedeva quindi riconosciuto e confermato il proprio ruolo di istituzione legittimata a svolgere un ruolo di primo piano perfettamente coerente con l'ideale totalizzante del regime, tuttavia sempre privo della completezza necessaria in termini di addestramento ed equipaggiamento; riconoscendo implicitamente tali carenze, la propaganda riproponeva le parole d'ordine della volon-tà, del sacrificio e della dedizione dei militi come sufficienti a compensare le criticità più evidenti, come appare nella lunga serie di articoli celebrativi pubblicati dall'organo della federazione fascista senese in occasione del dodicesimo anniversario della fondazione della Milizia (14). Lo spirito e l'abnegazione al sacrificio, lo slancio in grado di superare gli ostacoli costituiti dall'impreparazione e dall'approsimazione in addestramento, il richiamo alle parole d'ordine della Grande Guerra rappresentarono ancora una volta la base ideologica attorno alla quale il regime intese costituire i reparti di camicie nere; si trattò indubbiamente di un'operazione di natura psicologica prima ancora che effettiva, che si mostrò in grado tuttavia di suscitare un acritico entusiasmo ed un diffuso consenso verso la mobilitazione.
Nei primi mesi del 1935, appena poche settimane dopo che il prefetto Toffano, comandante della IV coorte della Valdichiana, aveva lasciato dopo quattro anni il proprio incarico di capo della Provincia, il comando della legione vide l'avvicendamento dell'Aiutante Maggiore Seniore Calogero Spinazza, promosso Console e destinato al comando della 174.a Legione Segesta di Trapani, con il seniore Scaroni, proveniente dalla 70.a Legione di Istria e Pola. A pochi mesi da quello che sarebbe stato il primo vero impiego operativo di reparti di camicie nere, in uno vigoroso slancio propagandistico ed autocelebrativo il regime rinnovava così al paese la proiezione dell'immagine monolitica ed autorevole che nel decen-nio precedente aveva costruito; un'immagine di efficienza bellica e preparazione militare in parte artificiosa, ed allo stesso tempo realmente significativa di un entusiasmo e di un consenso diffuso.
L'inizio delle operazioni belliche in Etiopia coincise inoltre con una nuova modifica all'ordinamento della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale; a decorrere dal 1 ottobre 1935 la struttura in Gruppi Legioni venne abolita ed essi furono nuovamente sostituiti da 14 Comandi di Zona e da 29 Comandi di Gruppi di Battaglioni . La VII Zona Toscana, con sede a Firenze, venne organicamente ripristinata con la ricostituita 93.a Legione Giglio Rosso di Empoli e il ritorno della 35.a Legione di La Spezia, dal 1929 aggregata alle legioni toscane, entro la struttura della III Zona Liguria (15). Pur non registrando la mobilitazione e l'impiego diretto del proprio battaglione, la 97.a legione registrò fin dal febbraio 1935 i primi arruolamenti di nel territorio della provincia di Siena, e nel marzo 1935, in un'atmosfera di crescente preparazione all'evenienza bellica, il comando di legione pubblicò il manifesto di arruolamento per i volontari destinati ai reparti della Milizia destinati all'Africa Orientale (16).