Il Telegrafo del 23 dicembre 1937
Vita delle Camicie Nere senesi

Dal fortino "Vittorio Leoncini"(Gondar), dicembre
Volano i giorni. Rapide, le settimane si susseguono e formano i mesi. Sembra ieri il giorno della partenza da Siena; sembrano di pochi giorni fa gli istanti in cui, detto addio alla bella Italia, salutano, al largo dello stretto di Messina, l'ultima visione del suolo della Patria.
Corre veloce il tempo, perche' nell'animo di tutti i legionari e' la soddisfazione procurata dal dovere compiuto; rapide trascorrono le settimane, giacche' la nostalgia che talvolta aleggia nei cuori e nelle menti, e' vinta e dominata da quella fiamma ardente di entusiasmo che fa sembrare soffice coltre il duro suolo che ci e' giaciglio, che rende gradita, quale piu' saporita pietanza, la "gavetta" di rancio, che cambia in squisito biscotto la dura galletta e che, infine ci da la forza di superare serenamente le fatiche di oggi e di guardare con pari serenita' all'avvenire: qualunque esso sia e qualunque esigenza prenda.
Con il rapido trascorrere dei giorni, i militi hanno purtuttavia cognizione del tempo. Di quel tempo - sempre galantuomo - che oggi ci avvicina a quelle solennita' belle e grandemente care ai cuori degli italiani, dei cristiani ed, in special modo, dei soldati che, oprando per l'Italia, vivono lontani dalle famiglie: le Feste.
Nell'approssimarsi delle solennita' Natalizie ( e chi scrive, per il fatto di essere al suo terzo Natale in Africa, sa bene cosa significhi in simili circostanze la lontananza dai cari) la grande famiglie del "novantasettesimo" si sente piu' che mai unita; piu' che mai quel senso di reciproca stima e comprensione e quel sentimento di sincero affetto che legano superiori ed inferiori, si rafforzano e fanno si' che ognuno dei componenti la "Valanga" senta meno la lontananza da Siena e la mancanza delle persone che - in periodo natalizio - sono a tutti maggiormente care.
E ne deriva - da questo assieme di affetti, da questo legame militare e famigliare al tempo stesso - quel sentimento di gioia per le altrui contentezze e quel senso di tristezza per gli altrui dolori che - prescindendo dalle qualita' disciplinari e guerriere della "Valanga" - costituiscono la dote piu' bella del battaglione.
Cosi' l'arrivo di un pacco, il giungere di una lieta novella, la nascita di un figlio, un matrimonio contratto "per via aerea" sono motivi di gioia non dai soli interessati, ma di una "tenda", o di un intero plotone, di una compagnia ed anche - trattandosi di ufficiali o di elementi noti e benevolmente conosciuti - di tutto il battaglione.
Ed anche le cattive notizie, i dispiaceri, le sciagure dell'uno sono della massa Le lacrime di chi ha avuto amara la sorte non sono isolate, ma si confondono con quelle dei camerati che, quali veri membri di una perfetta famiglia, soffrono per la sciagura del compagno e con lui piangono le stesse pene e sofferenze.
Con tale spirito, animata da si' umani sentimenti, la formazione legionaria senese prosegue la sua opera in terra d'Africa e porta ovunque il segno di una tradizione che, lungi dalla Terra ove sorse, si rivela sempre piu' di essere la tradizione che vuole le genti del senese parimenti grandi nella guerra e nella pace, parimenti gentili nella gioia e nel dolore.

"Bracalino", "Pocovento" e "Sordomenico"

Per dire di coloro che son lieti, giocondi e sempre allegri (letizia, giocondita' e allegria, condivise di chi con essi fa vita comune), presentiamo - a seguito e continuazione della rassegna di "tipi" iniziata tempo fa, una triade di bravi soldati ed allegri buontemponi.
"Bracalino" da Petroio e' un diretto discendente del famoso Brandano. Un cosino alto cosi' appena, appena cosi'...Ma tutto sale e pepe. Tutto, completamente conscio dell'importanza derivantegli dalla sua nuova qualita' di sposo. "Bracalino"sposo' tempo fa per procura: ed il suo matrimonio fu un avvenimento sensazionale. Il "vasaio" di Petroio - giacche' il nostro e' un fabbricante di vasi e di conche - compi' il grande gesto con tutto l'entusiasmo che e' di certi casi. Ed uscendo dalla cappelletta, ove si era celebrato il sacro rito, "Bracalino" piangeva tutta la sua gioia...Giunto al campo, a chi lo avvicino' per complimentarlo, il novello sposo disse con aria ispirata: "Ricordatevi che non sono piu' un ragazzo: sono un uomo!". E come tale volle agire dando una fulminante guardataccia a "Pocovento", a quel suo superiore diretto, che per oltre due mesi lo aveva tormentato con le sue continue allegre sfottiture.
Ma "Pocovento" (un giocondo graduato sangimignanese, che "pocovento" grida ogni qualvolta la gavetta non e' ben colma) non se la diede per inteso. E ridendo - che il sorriso e' sempre sul suo volto di vecchio combattente d'Africa - esclamo' con aria solenne: "Bracalino da Petroio, discendente di Brandano...e' uomo...per procura!". Risata generale...e conseguente chinar di testa del novello sposo. Senonche', in soccorso di quest'ultimo giunse correndo e smaniando il "Sordomenico" cioe' Drea: l'elegante Don Giovanni senese - il celebre Drea - che in Africa - ove e' per la seconda volta - sebra aver dimenticato tutto il suo elegantismo e ove , effetto del clima?, i suoi orecchi divengono sempre piu' campane.
Drea - o Sordomenico, come dir si voglia - corse dunque in soccorso di Bracalino gridando: "Io non ho sentito niente, i miei orecchi non sentono niente o poco, ma il mio cuore e' con te, camerata novello sposo!". E si' detto abbraccio' il vasaio, lo bacio' e presentandolo alla massa disse:"Vi presento l'uomo piu' felice del mondo". Ed aggiunse, ironicamente. "Anche se la sua e' una felicita'...per via aerea".
"Bracalino" fece l'atto di scattare. Ma quattro forti braccia lo sostennere: "Pocovento" e il "Sordomenico", strettolo in un forte abbraccio, lo trascinarono in tenda e la', attorno ad un fiasco di quel buono i tre "tipi" festeggiarono l'evento. "Bracalino", perdonando le sfottiture, e gli altri, pur continuando a sfottere, facendo in modo di farsi perdonare e di dimostrare allo sposo la loro gioia per la sua felicita'.
I tre amici, ai quali si uni' dopo tutto un plotone, trascorsero ore allegre, ineggiando e brindando a loro stessi, alle loro famiglie, alle spose, a tutte le donne d'Italia. ed a sera, "Bracalino", "Pocovento" e il "Sordomenico", piu' che mai camerati, piu' che mai amici, piu' che mai affratellati dalla gioia e dalla felicita', di uno di essi, si addormentarono. Stretti l'uno all'altro, sognando il primo la sua sposa da poche ore, il secondo le torri belle di S. Gimignano ed il terzo tutta una schiera di pulselle che a Siena lo attendono.
Ed i compagni di plotone, e quelli di compagnia, unitamente a tanti e tanti di altri reparti, gioirono e gioiscono della felicita' dello sposo e dell'armonia che regna nella triade dei "tipi" piu' caratteristici del Battaglione. Gioirono e gioiscono cosi' come sempre sanno gioire delle altrui felicita', con lo stesso animo buono e sensibile con il quale soffrono per le altrui sofferenze e per gli altrui dolori.

Partenze

In crudele contrasto alla giocondita', che quasi sovrana, contrassegna sempre la vita delle Camicie Nere, son o le partenze dei camerati rimpatriati per ragioni di malattia o per lutti familiari. E' duro, e' triste vedere il compagno che se ne va senza un segno di gioia. E' doloroso assistere a queste partenze, a questi abbandoni, che nulla hanno della bellezza del ritorno in Patria.
Proprio oggi siamo stati testimoni ad uno di questi addii senza sorrisi. Curvo, piu' sotto il peso del dolore che sotto quello dello zaino, un camerata ha lasciato il campo per tornarsene in Italia. Tra le mura di una casa ormai vuota, tra quelle mura mute che videro ieri la sua felicita' e che saranno domani testimoni muti della sua angoscia per la perdita di Colei che gli fu compagna e che non e' piu'.
Per alcuni istanti il campo e' sembrato spogliarsi della sua veste consueta, fatta di allegria e spensieratezza; un'ondata di tristezza ha oscurato maggiormente gli abbronzati volti dei legionari; e qualche lacrima ha brillato negli occhi di coloro che, salutando il camerata partente, sentivanmo in loro stessi vivo, quell'angosciante dolore che faceva spasimare chi il destino avverso aveva prescelto a sua vittima.
Abbiamo accompagnato il partente fin su al posto di tappa. Lo abbiamo visto salire su di un autocarro e poi scomparire in un nuvolo di polvere. L'ultima sua visione e' stata quella di una mano che, a fatica, si protendeva verso di noi nel gesto del saluto - forse sara' stata nostra impressione del momento - tentava di aggrapparsi ad una speranza svanita ormai, e cercava di cacciare lontano una visione di morte...
E l'ultima nostra impressione fisica sono state le lacrime cadenti dai nostri occhi. Nostra e di tanti quest'ultima impressione, giacche' stasera, in piu' di una tenda, non si e' cantato, non si e' fatta festa, ma ripensando al partente si sono piante lacrime di sincero dolore. Quelle lacrime, che se anche non sgorgano dalle pupille, brillano sempre negli occhi di chi ha un'anima e un cuore.

Dino Corsi