Il Telegrafo del 14 aprile 1939
Vita dei legionari senesi nelle terre dell'Impero

Zeghie', marzo.
Si avvicina il giorno della santa ricorrenza pasquale e le Camicie Nere della "Valanga" si accingono a vivere la giornata solenne lontani dalle famiglie, dalle citta' e dai pesi loro. E' la seconda Pasqua che i legionari vivono nelle terre dell'Impero, che vivranno a miglialia di chilometri dalla Patria e dagli esseri amati; e' una delle tante feste, tradizionalmente care al popolo italiano, che vedra' ancora una volta la gioventu' senese lontana, ma vicina in ispirito, col cuore, col pensiero e con tutta la potenza di un sentimento nostalgico, alle cose e alle creature amate.
I legionari tutti, che avevano sognato di poter trascorrere le feste pasquali in seno alle famiglie, pur sentendo ora piu' che mai profondo il distacco e grande il desiderio di queste, si fanno forti della loro fede - mai venuta, e che mai verra' meno - e continuando l'opera fascista e militare di fecondazione e protezione dell'Impero, rivolgono i loro pensieri a Siena, alle ridenti cittadine del senese, e inviano a tutti i loro auguri per la S. Pasqua. A tutti i congiunti e parenti, ai camerati, agli amici, alla citta' bella, alle borgate ed ai paesi che sono vivi nei cuori e nelle menti dei militi del 97.o.
E, animati da quel sentimento di bonta' e gentilezza che li distingue e nobilita la loro oscura opera, i legionari della "Valanga" rivolgono il loro commosso, deferente pensiero alle famiglie dei camerati caduti nell'adempimento del dovere e promettono che nel giorno sacro della festa tutti i fiori della Primavera africana copriranno le tombe e recheranno agli Eroi scomparsi, in uno con quello dei commilitoni, l'omaggio riverente, il segno del ricordo e la prova di affetto di Siena tutta, e di tutte le mamme, di tutte le spose, e di tutti i figli, che il dolore ha reso cari ai cuori generosi delle Camicie Nere.

Vita nei presidi

Lasciata Mescenti, il comando di Battaglione si e' trasferito a Bahar-Dar, ove gia' da tanti mesi la prima Compagnia del 97.o operava e si distingueva. Le forze dell'unita' legionaria senese sono presentemente dislocate nel triangolo che ha per superficie l'azzurro Tana - Bahar-Dar, Selselima' e Zeghie'.
A Bahar-Dar pulsa vivo e opera il cervello della "Valanga", ma l'anima del Battaglione - immensa - e' dovunque, all'ombra del Tricolore, dove sono i nero-fiammati fanti senesi.
Il Comando, con la prima Compagnia ed elementi della terza, svolge la sua opera sulle spomde del Lago Imperiale; la seconda Compagnia, riunita in tutti i suoi plotoni e serrata nei ranghi malgrado le numerose, dolorose e gloriose perdite, presidia validamente la penisola di Zeghie' ed assicura tranquillita' e sicurezza in una delle piu' infide zone africane; la "terza", dato il cambio alla "seconda", e' ai guadi del Nilo e salda protezione del ponte che in pochi mesi il genio e la volonta' del lavoro italiano hanno gettato tra le due sponde del fiume.
Divisi dalle acque del lago, i reparti sono tuttavia uniti dai vincoli del comune compito, della comune volonta' e dai sentimenti di virile affetto che fanno del Battaglione - come abbiamo tante volte ripetuto - una sola grande famiglia.
A maggiormente collegare e tener unita questa famiglia di soldati, sta l'attivita' indefessa, paterna ed affettuosa del nuovo Comandante la "Valanga", che nulla trascura nell'interesse dei suoi ragazzi e per il buon nome del Battaglione.
Il vecchio Comandante la seconda Compagnia, che in tanti mesi di campagna aveva saputo cattivarsi la stima e l'amore delle Camicie Nere del reparto che secondo e' solo di nome, ha saputo in poco tempo, una volta avuti l'onore e l'onere di essere alla testa del 97.0, rednersi caro a tutti i legionari e far si' che i sentimenti di deferente considerazione ed affetto, un giorno ristretti nel campo della "seconda", dilagassero in tutti i campi ove la "Valanga" e' presente con le armi e con la forza dei suoi componenti.
E cosi' la famiglia legionaria vive la sua opera africana serenamente, operosamente e con volonta', pur essendo pervasa dal desiderio del rimpatrio, che dopo diciotto mesi e' nell'animo di tutti e fa sognare ad occhi aperti la indimenticabile Torre del Mangia, all'ombra della quale pulsano in fidante attesa tanti cuori di esseri cari.
Nei fortini, in quello di bahar-Dar che si specchia nell'azzurrita' del lago e che funge da centro a tutto il movimentato traffico del Goggiam, in quelli di Zeghie', ove le piantagioni di caffe' e gli agrumeti serrano in una morsa di verde, di chicchi rossastri e di dorati frutti gli spalti delle fortificazioni, ed, infine, in quello di Selselima' che si erge poderoso sulla collina che domina la pista di Ifag ed il ponte del Nilo e che porta un'impronta della potenza di Roma in mezzo alle foreste rigogliose sulle due sponde del fiume celebre, i legionari trascorrono le loro giornate alternando al lavoro i servizi di guardia, di sicurezza e di ordinarie fatiche inerenti la vita dei reparti.
Di quella vita africana che e' tanto bella per i suoi scopi, ma che e' sempre dura e non raramente pericolosa. Ma durezza di esistenza e pericoloso vivere sono ormai prerogative del Battaglione. E, quindi, nessuna fatica puo' stancare quei corpi che pur provati dagli sforzi e dal male, hanno nel loro interno una inesauribile riserva di energie morali attinte alla fonte della fede; e nessun rischio puo' far recedere dalla loro opera i legionari, che del fuoco han gia' da tempo ricevuto il battesimo e del quale sanno apprezzare l'emozione che ne deriva e la conseguente soddisfazione che nasce in chi ha avuto la gioia di combattere.
Pero' la vita non e' sempre dura, non sempre e' pericolosa. Vi sono delle giornate in cui il riposo e la tranquillita' regnano nei campi. E vi sono tante e tante piccole cose che servono a render lieta l'esistenza delle Camicie Nere ed a far dimenticare, talvolta, anche quel sentimento di nostalgia, che innato negli animi senesi, si sviluppa e diviene imperioso quando i figli della Lupa non hanno a portata del loro udito i solenni rintocchi del "campanone".
Come descrivere il lato bello di questa esistenza piu' unica che rara? Come dire di queste giornate trascorse nei pressi di quel lago Tana, che tutto il mondo ci invidia e che tutti gli italiani desidererebbero vedere? Come far comprendere l'intima bellezza di certi pomeriggi, serate e - violazione d'orario - mezze notate trascorse dai legionari nei baracconi di legno e lamiera, che a Bahar-Dar ricordano un po' - pur soffusi da un senso di disciplina tutto italiano - i ritrovi del Far-West, tanto caro alla nostra infanzia, ove un disco di grammofono fa udire canzoni che richiamano alla mente l'Italia lontana, dove un fiasco di "Chainti" fa assaporare qualcosa di nostrano e porta il profumo della terra toscana?
E per coloro che vivono a Zeghie' ed ai guadi del Nilo, le escursioni nelle foreste, le cacciate ai cinghiali, ai gattopardi, alle gazzelle, le gite in "tanqua" (la primitiva imbarcazione indigena) nelle immensita' del lago o per le "rapide" del fiume, come narrarle, come renderle, con il modesto ausilio di una ancor piu' modesta penna, quali sono in realta'?
E tutte le altre piccole grandi cose: il pranzetto fuori ordinanza imbandito da questo o quel gruppo all'ombra di una pianta secolare o sotto il muretto del fortino; le riunioni di paesani, di contradaioli, di amici "borghesi", che si chiudono immancabilmente con cori piu' o meno ordinati, ma sempre gioiosi e pieni di entusiasmo; il giungere della posta, sempre attesa e percio' sempre gradita; la pubblicazione dei bollettini radio che portano notizie desiderate che strappano grida di gioia alle nuova, magari, di una vittoria del "Siena"; tutti questi "fattarelli" apparentemente insignificanti come descriverli nel loro reale significato?
Quante e quante volte i militi si sono trovati a ripetere la frase, che meglio di ogni altra esprime uno stato d'animo e un sentimento: "Ci vedessero le nostre donne in questo momento, quanto sarebbero contente!".
E contente lo sarebbero davvero, le donne senesi nel vedere i loro figli e mariti e fidanzati e fratelli, che vivono ora dopo giornate di fatica. E contente devono essere, le nostre donne, nel sapere i loro cari lontani per una missione di civilta' e di affermazione fascista. ed il contento di tutti, come di tutti i congiunti, sia maggiore nel pensare alla gloria che i legionari vanno man man creando intorno al loro nome e nella speranza di poter riavere presto nel seno delle famiglie i figli valorosi.

Oggi, 26 marzo...
Oggi si attende. Trepidamente. Si attende che attraverso le onde della radio giunga sino a questi lontani lembi di terra italiana la parola del Duce. Le comandate" che lavorano, la pattuglia di ricognizione, le vedette ferme e vigili ai posti di servizio, gli uomini a riposo, tutti, insomma, nei campi legionari sono in attesa di qualcosa di grande.
Ed in questa attesa i cuori pulsano velocamente, le fantasie lavorano, gli animi si riscaldano, l'attesa avra' termine tra poche ore; poi, portate dal genio italiano, le parole dell'Uomo, che e' tutto e ragione di tutto per gli italiani, risuoneranno anche nella immensita' africana apportatrici di pace o guerra, ma comunque preludenti una nuova, superba, affermazione del Fascismo.
Ed e' con questa catena che i legionari della "valanga" attendono il volgere di queste poche oere. Fiduciosi nella pace ma pronti alla guerra.
Essi, i fanti del 97.0, sono gia' ai loro posti di dovere. E se le circostanze lo esigeranno sapranno dimostrare che le armi loro affidate per la sicurezza dell'Impero son ben salde nei maschi pugni e pronte a tuonare su tutti i fronti, per tutte le conquiste.

Dino Corsi