Il Telegrafo del 18 febbraio 1939
Alle valorose Camicie Nere del 97.o

Zeghie', febbraio.
Il soldato, in genere, ha un modo di vedere e pensare tutto proprio per cio' che riguarda il giusto premio delle sue fatiche, dei suoi sacrifici, del rischio della vita serenamente affrontato.
Offrire al fante, che no ha fumato da un mese un pacchetto di desideratissime sigarette come premio ad una giornata di intenso lavoro, val meno, molto meno, che dire a fior di labbra allo stesso "scarpone" un "Bravo!" venuto su spontaneo dal cuore; pure, talvolta, una gavetta di saporoso rancio ed una fresca pagnotta - atermine di una o due giornate di digiuno - non raggiunge l'effetto che puo' ottenere l'encomio tributato dal capo ai gregari. Nel caso particolare dei legionari, e' piu' che mai facile toccarne il cuore con parole che destino l'entusiasmo, che con premi o riconoscimenti materiali, qualunque essi siano.
Quando giorni or sono un potente trimotore sorvolo' la piazzaforte di Mescenti, ove nel Comando di Battaglione pulsa il cuore della "valanga", lasciando cadere un metallico astuccio custodia di un messaggio, di un ordine, o di prescrizioni di servizio, tutti i legionari - in un primo momento - pensarono ad imminenti arrivi di viveri di conforto, di scarpe, di indumenti e di quant'altro, da mesi, e' desiderio comune. La comunicazione aerea poteva - e per taluni doveva - far prossimo il giungere di tutto cio' che era l'impellente fabbisogno materiale dei reaprti.
Senza grida, senza esclamazioni di gioia, non perdendo la calma, ognuno manifesto' il proprio contento a gesti misurati e con pacate parole. ma quando fu aperto l'astuccio e il contenuto del messaggio - che' di messaggio trattavasi e con l'ordine di servizio - fu reso noto alla truppa, l'entusiasmo piu' sfrenato si manifesto' nel campo ed i canti si elevarono al cielo nel poderoso echeggiare dei cori guerrieri e trionfanti.
Non era la comunicazione del prossimo giungere di viveri di conforto, che la massa anela da tempo; non era la notizia di un imminente arrivo di indumenti e scarpe, che molti tra i legionari attendono con fiducia; erano invece, poche, semplici, parole vergate a matita su di un piu' ancora semplice foglio bianco:
Alle valorose Camicie Nere del 97.o Battaglione il mio cordiale saluto di camerata. Per il Duce: A Noi!
Generale Ugo Cavallero, Comandante le Forze Armate in A.O."

L'entusiasmo proruppe nel campo alla lettura del messaggio. Quell'indirizzo del Capo alle "valorose camicie nere del 97.o" era finalmente - e' - il riconoscimento, il premio di tutti ed a tutti gli sforzi della "Valanga" compiuti.
Noi non eravamo a Mescenti e non abbiamo quindi partecipato all'episodio della caduta dal cielo di quel riconoscimento che premia l'operato del Battaglione; ma anche dal lontano distaccamento di Zeghie' - ove quaranta legionari vivono le dure e perigliose giornate che gia' abbiamo descritte - e' pervenuta la notizia bella del lancio del messaggio. E nell'angusto spazio delle ridotte strette dappresso dalla selva di reticolari, un pugno d'uomini, che del sacrificio han salito e stanno salendo tutta la scala, ha esultato alla lettura di quelle poche parole.
L'aggettivo "valorose" e' stato come un balsamo vivificatore. E si sono dimenticati malanni, affanni, nostalgie e desideri per gridare tutta la gioia dei nostri cuori. Qualcuno tra i lettori sorridera' di incredulita' di fronte a quanto stiamo scrivendo, ma chi ha combattuto, chi delle "campagne" ha provato le emozioni, sa e comprendera' come il ostro entusiasmo, che e' quello di tutto il 97.o, per un semplice aggettivo non e' retorica, ne' esaltazione.
A Zeghie', come a Mescenti, a Bahar-Dar come Gelsehira', ovunque i legionari della "Valanga" stanno concludendo la loro campagna africana, il riconoscimento di S.E. Cavallero e' giunto come un premio ambitoe come un incentivo a procedere con la volonta' di sempre sul cammino che ancora resta da percorrere.
Ed i legionari senesi, pur ridotti nei ranghi, menomati nel fisico, ma incollabili per fede e volonta', continuano la marcia, lieti di tutto offrire alla Causa dell'Impero. E non chiedono altro premio che parole di plauso: oggi quelle dei loro capi militari e domani quelle ambite del Duce.

Dino Corsi