La Nazione del 9 marzo 1938. Coi legionari senesi a Gondar

Il pensiero costante delle famiglie è rivolto, in questi giorni, ai loro cari che in questa terra d'Africa, con semplicità e con fede fascista, stanno continuando e perfezionando l'opera dei loro fratelli maggiori.
Voi mamme, che cercate in ogni ora del giorno l'immagine del vostro figlio lontano e voi spose che la lunga notte rende insonni e tristi, che frugate nello spazio e che attendete impazienti il ritorno di colui che sintetizza l'amore e la forza, la bellezza e l'onestà, suole il vento portarmi le vostre ansiose domande, come fervida preghiera: "Dove sarà? Che farà? Come starà?".
"Dove sarà?" Seimila chilometri dalla Patria, cinquecentocinquanta dall'Asmara, quattro o cinque da Gondar. Una terra nerastra e sassosa, colli e monti, vicini e lontani, quasi sempre brulli, piatti nella loro solennità, ora azzurri ora arrossati. Alberi e virgulti, arboscelli e boschi, formano macchie di verde un pò ovunque.
Il battaglione è tutto qui, sul più o meno lento scoscendere del monte, a semicerchio. Scolte vigili della città, stanno le compagnie a non molta distanza l'una dall'altra. La prima, con i suoi fortini 28, 29, 30...Giovanni Berta, Antonio Palmieri, Rino Daus.
Più in alto, quelli merlati e poderosi della terza; più giù, lontani dalla mia vista, i forti della seconda, e la bella baracca del Comando.
E' un lembo vivente della Patria lontana; l'anima di Siena è qui, tutta qui, in questa terra, sotto questo cielo!
"Che farà?" Ogni fortilizio è una casa, ogni casa una famiglia, la famiglia un plotone.
Dieci tende, che al primo sorridere del sole si aprono, si spalancano, volti abbronzati e tranquilli che fanno la prima mattiniera pulizia. Coperte e cappotti all'aria appena fresca, lungo i muri.Brande che vengono battute e sbattute per meglio riposarvi.
"Adunata!" Uomini per l'acuqa, per la spesa, per la legna...gli altri a rattoppare qualche muro qua e là pericolante.
"Rancio!" Discreta pastasciutta, qualche fico, un pò di vino.
"Riposo!" Si giuoca, si parla, si canta. Nessuno dorme.
Nel pomeriggio adunata e poi secondo rancio. E' già sera e si annunziano prossime le tenebre. L'ufficiale è tra i suoi ragazzi e, da buon padre, tien loro compagnia. Si ride, si scherza. Monta la guardia, suona il silenzio! Si odono solo, ora, i passi della sentinella che nella notte troppo buia cerca con l'occhio vigile di squarciare il fitto velo che sta dinanzi, e con l'orecchio ben teso a racogliere ogni più recondito rumore.
Di quando in quando un "Chi va là" potente ma calmo; poi, pian piano un profondo silenzio; così in ogni giorno e in ogni notte.
Lavorarono un tempo per prepararsi la casa, per renderla più bella e più sicura. Picchi e badili lucevano al sole e volti maschi andavano e venivano portando ognuno la propria pietra. Come tante formichine, accumulavano per la stagione più triste.
A molti il lavoro sembrerà poco, ma non ho parlato degli uomini che ogni giorno devono abbandonare i loro accampamenti per fornire la guardia alla vicina sussistenza, non ho detto delle scorte che, quasi giornalmente, acompagnano un ufficiale e quarantacinque camicie nere sulle rive del Tana.
"Come starà?" La salute è buona. Qualche febbre ed alcune fasciature per piaghe più noiose che pericolose.
Inspiegabile per alcuni, un certo rilassamento di forze, dopo una marcia o una fatica. L'altitudine fa i suoi effetti: 2300 metri sul livello del mare non son pochi davvero!
Le Camicie nere senesi, al pari delle altre di tutta Italia, stanno compiendo il loro dovere. Non battaglie fragorose, non colpi di mano all'ardita, non penuria di viveri e, soprattutto, non pericoli grandi, come qualcuno ha voluto vedere.L'Africa è quella che è!
Basterebbero solo le grandi distanze, le stagioni differenti, gli usi e i costumi dei popoli così diversi dal nostro, per comprendere quanto grande sia il sacrificio di chi deve vivere ed operare in queste terre risorte per la grandezza della nuova Italia.
Con fede e in silenzio, senza peccare di superbia, ma anche senza falsa modestia, le Camicie nere attendono ora il ritorno prossimo alle loro case e alle loro famiglie.
Il bacio della madre e della sposa sarà il balsamo ristoratore di ogni e qualsiasi sacrificio.


Bruno Minucci