Il Telegrafo del 4 giugno 1941
E' nata all'ombra del Tricolore, Romana Vittoria...

Zarnovic, Maggio
I reparti legionari dell'89.o Btg. di Volterra e della 97.a Mitraglieri di Siena, continuando la loro opera di italianizzazione e redenzione della zona momentaneamente affidata al loro presidio, vanno sempre più oprando nell'interesse e per il bene delle popolazioni locali che, riunite alla Grande Madre, sanno apprezzare l'attività benefica delle Camicie Nere toscane.
La Milizia, quei soldati che i dalmati chiamano fascisti, in un giusto riconoscimento che torna ad onore del Fascismo stesso,; i militi della balda legione di assaltatori che, in un giorno destinato alla Storia avvenire, ruppe l'ingiusto confine, combattè e vinse; i componenti la schiera volontaria che, dal martoriato Carnaro, marciarono verso la vittoria, sono oggi, nella Dalmazia ritornata italiana, manifestazione fattiva di bene, di ogni bene. E profondono, colla innata gentilezza dei loro animi, i tesori della stirpe italica che sono una raccolta sacra di umano agire e di civiltà.
Chi scrive ha avuto e ha sovente modo di avvicinare i nativi e di valutare la sensibilità di un popolo che oggi, rivivendo e tornando libero, manifesta come può la sua riconoscenza al Genio che da Roma diffonde la sua luce redentrice ovunque l'Italia sia presente coi suoi figli migliori: i soldati.

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Le Camicie nere che, in attesa di compiti più consoni al loro spirito guerriero, sono oggi a presidio della Dalmazia, comprendono la grandezza del loro compito di pace come seppero ieri e sapranno domani assolvere, sulla linea del fuoco, i compiti speciali, e perciò maggiormente amerevoli, devoluti agli assaltatori, a quelli cioè che, orignariamente, si chiamarono e furono "arditi".
Dopo la rottura del vecchio confine, dopo l'azione guerriera, dopo, infine, la rapida quanto dura avanzata tra monti e valli, i legionari si prodigano oggi, con tutta la gentilezza delle genti toscane, ad una fattiva opera di propaganda e di italianità.
Qui, nel villaggio ove il tricolore sventola, sacro ormai agli abitanti della zona, come sempre lo fu ai redentori della zona stessa, legionari volterrani dell'89.o e senesi della 97.a Mitraglieri, le bandiere della Patria nostra - simulacri di fede ardente e di indomità volontà - garriscono a festa nelle solatie giornate di questo maggio che, a noi figli o fratelli degli eroi di Vittorio Veneto, ricorda il mese sacro alle fortune della Patria; quel mese nei cui giorni si forgiò l'inizio dell'avvenire di un popolo, il nostro popolo, il quale, iniziata la marcia verso l'avvenire e la fortuna patria, non doveva più arrestarsi, come non ha più sostato.
La Dalmazia italiana, sogno di pochi asceti un tempo, visione lungimirante della nostra gioventù, è oggi la terra finalmente italiana dalla quale scriviamo per dire e far comprendere a chi ci segue e ci legge con passione, la grandezza dell'opera che l'Italia, la nostra divina Italia, sta compiendo nella regione a lei tornata mercè il valore delle armi fasciste.

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Oggi, alle genti dalmate, il Duce distribuisce la farina per la confezionatura di quell'alimento principe per gli uomini che è il pane. Il Duce, e con lui l'Italia, è presente nel cuore dei legionari che, predisposti alla distribuzione del sacro alimento, si prodigano e profondono il loro animo buono nell'offerta di ciò che la nuova Patria - madre povera ma affettuosa - sa dare ai figli che tornano nel suo tanto amoroso seno.
Noi abbiamo la fortuna e la gioia di essere tra coloro che, per ragione di servizio, provvedono alla distribuzione. Noi, unitamente ad un gruppo di Camicie Nere, compiamo oggi una grande opera di bene, di grande bene. Dire a voi, nostri lettori, i sentimenti del nostro animo nel momento in cui - certi di togliere dall'ossessione tragica della fame tante e tante creature - convalidiamo i buoni di prelevamento di questa o quella quantità di farina; dire a voi, che vivendo in Italia non conoscete cosa significhi per il popolo la fame, la vera fame, e dirvi l'orgoglio - l'orgoglio di fascista e di italiano - che a noi è derivato da poter questa fame placare, sarebbe impossibile.
Ma in ogni notte di ombra brilla una stella; se pur il chiarore dell'astro è vago e momentaneo. E nell'ombra in cui vivono le genti dalmate della zona affidata al nostro presidio, in quell'ombra che già da tempo è rischiarata dal fulgore delle fiamme legionarie, una nuova e più lucente stella si è accesa: è nata, all'ombra del tricolore, Romana Vittoria. E' nata, mentre ancora il verbo nuovo non si era completamente diffuso tra le genti dalmate - i dalmati del paese dal quale scriviamo - una creaturina di Iddio, il primo esserino che ha qua veduto la luce tricolereggiante.
Fu in una mattina della distribuzione viveri. La gente - uomini, donne e bambini - si affollava intorno al magazzino deposito, quando giunse la notizia: un esserino, una creatura viva e vitale aveva veduta la luce nlle ore grandi della redenzione dalmata.
Il Comando dell'89.o CC.NN. d'assalto provvedè immediatamente all'assistenza della puerpera; inviò, il capo delle Camicie Nere, gli alimenti necessari alla madre, alla piccola nata ed a tutti i componenti la famiglia. Ancora una volta l'Italia proletaria, quell'Italia veramente del popolo che noi amiamo, si rivelava in tutta l'innata gentilezza delle sue genti.
La vita nuova che si schiudeva all'avvenire, il primo, delicato, essere che vedeva la luce in un cielo di vittoria, la creatura che nasceva nella terra di San Marco redenta dal Littorio doveva e non poteva essere altro che un simbolo di bene.
Di un bene che si manifestò immediatamente nella sua espressione più bella: l'assistenza all'infanzia. Il rude quanto sensibilmente umano comandante del presidio - cioè il Primo Seniore dell'89.o CC.NN. - dispose e provvedè ad una festa dei bambini locali, dei futuri Balilla, delle Piccole Italiane di domani.
Quattro centurie di figli del popolo, quattrocento piccoli dalmati portanti palesi sul volto i morsi della fame, una moltitudine di creature martorizzate dalla ingiusta miseria, furono adunate nei pressi del campo ove le Camicie Nere di Siena e Volterra han sede per il loro compito di italianità.
Portanti in alto i tricolori della Patria - di quella patria che per essi è madre affettuosa - al canto degli inni italiani - appresi in pochi giorni - i bambini dalmati si riunirono giocondi in un vasto terrazzo dominato dal vessillo della redentrice Italia.
Descrivere lo spettacolo di questa infantile adunata è cosa impossibile alla nostra modesta penna. Ma comprendere la bellezza del momento in cui, ricevendo rancio e cioccolata, i piccoli gridarono la più e spontanea riconoscenza all'Italia, è cosa facile per chi abbia cuore e sensibilità di italiano.
Una legione di esserini scalzi e seminudi, tante coorti di futuri legionari, in una giornata per loro di festa, hanno appreso ad amare la Patria che farà di essi uomini degni di tal nome, hanno compreso - i piccoli che domani saran grandi - la grandezza dell'avvenimento storico che redime la loro terra. E, nel simbolico nome della loro ultima piccola sorella - Romana Vittoria - intravedono l'avvenire che per essi, come per tutti i dalmati redenti, sarà apportatore di pace e benessere.

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Oggi, nella chiesetta del paese, la piccola prima nata dell'Era della redenzione ha ricevuto il Santo Battesimo.
Festa, festa grande tra il popolo e tra i legionari. E' sembrato che la creaturina fosse nata a congiungere vieppiù i nativi alle Camicie Nere; è parso, tra il giocondo dindolare delle campane, che la nuova vita unisse maggiormente l'Italia redentrice alla Dalmazia redenta.
Folclore paesano e festa di armi durante la scra cerimonia. Donne nei variopinti costumi ed uomini chiusi nella severa abbigliatura festiva che ricorda un pò i montanari del vicino Montenegro; ufficiali in alta uniforme (come può essere consentito dal momento) e camicie nere e soldati in assetto di guerra.
Ed il tempio della Religione si è illuminato di una viva luce quando la bandiera d'Italia e l'azzurro di Dalmazia hanno ornato dei loro fulgenti colori il campanile echeggiante di squilli festosi.
La chiesetta, non potendo ospitare la massa di popolo e di legionari, sembrava sorridere attraverso le luminose vetrate là presenti, e pareva benedire le genti dalmate ed italiane - cioè gli italiani - che si assiepavano nei suoi pressi.
Quando, dal Sacro Fonte, il liquido benedetto ha bagnato la fronte della piccola, primo figlio della lupa di Zernovic, gli assaltatori del ferreo 89.o e della quadrata 97.a mitraglieri hanno intonato la "preghiera del Milite".
Il canto, quel canto che entusiasma, fa fremere e piangere, si è diffuso, prima, fra le ristrette pareti del tempio cristiano, prorompendo, poi, all'aperto, sotto la volta azzurra del cielo, che ha il colore simboleggiante la fede dalmata.
E mentre le note della preghiera guerriera echeggiavano, mentre le campane stormivano a festa, mentre i vessilli, salutando la vita, sventolavano giocondi, Romana Vittoria - l'esserino nato sotto il segno della redenzione - riceveva il sacro Battesimo e, schiudendo la boccuccia ad un tentativo di sorriso, muoveva le rosee manine come a salutare la Vittoria Romana che echeggia nel mondo.


Dino Corsi